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Un workcamp a tempo di reggae: Reno Splash festival 2019

10/12/2019

17 Febbraio 2020

Cosa significa organizzare un festival, gestirlo, incassare stanchezza e soddisfazioni? I nostri volontari del campo internazionale di Marzabotto lo sanno bene!

Il Reno Splash Festival, infatti, anche quest’anno ha ospitato il gruppo internazionale di volontari provenienti da tutto il mondo.
La fatica è stata tanta, ma l’esperienza, la gioia e l’affetto che questi ragazzi si portano a casa dopo due settimane di campo lo è ancora di più: ce lo ha assicurato proprio Lilith, che era lì con loro per coordinare il nostro workcamp!

“La cosa più bella del ritornare coi ricordi al Reno Splash festival è che mi si allarga subito un sorrisone enorme sul viso.
L’immagine perfettamente riassuntiva del campo è l’ultima sera tutti insieme, nel tendone marocchino che fino a due giorni prima aveva ospitato il bar principale del festival; avevamo organizzato un cenone finale tra tutti i volontari che hanno collaborato nel festival, e, per l’occasione, insieme ai ragazzi di Montagna di Suono abbiamo allestito una piccola sorpresa per ringraziare i volontari internazionali.
Erano tutti di fronte a noi a prendersi l’applauso: Laurelei, Robert, Teo, Kate e Yuri

Abbiamo iniziato a tempestarli di domande: dalle prime parole imparate in italiano (che si sa, sono sempre le parolacce), al gossip (che gli amori nei workcamp nascono sempre), alle critiche e ai consigli per l’organizzazione.
E io, che pensavo di conoscerli, mi sono stupita in continuazione per le loro risposte: in quei giorni di frenesia continua, con la testa e le braccia e le gambe perennemente in movimento (ma anche il sorriso perennemente sulle labbra), non mi ero resa conto di quante cose si stavano portando a casa dall’esperienza.

Insegnamenti pratici, dal preparare uno spritz al serigrafare magliette, passando in mezzo ad ogni piccolo dettaglio dell’organizzazione di un festival: pare facile, ma non lo è, ve lo assicuro. E poi l’immenso, indimenticabile patrimonio di esperienze immateriali: l’apprendimento interculturale, lo scoprire passo dopo passo sé stessi attraverso l’incontro con l’altro. E gli abbracci, le risate, e perché no, anche le discussioni.
Ecco che Laurelei si è rivelata una tuttofare abilissima, Robert un acrobata del montaggio e un mago dell’italiano, Teo l’Hulk del campo, Kate un’infaticabile cameriera e Yuri una super barwoman.
Insomma, si è creata, come ogni volta, la magia dei workcamps: nonostante la stanchezza, la frenesia, la vita in tenda per due settimane, la quantità di emozioni finali ripagano di tutto.

E’ gratificante vedere i risultati finali del proprio lavoro: siamo arrivati di fronte al parco Peppino Impastato di Marzabotto trovandoci di fronte solo una distesa d’erba, e nei giorni l’abbiamo riempita di tende e tendoni, palchi, aree bimbi, mercatini, colori, risate, musica, musica e ancora musica. E’ arricchente relazionarsi con persone di età e nazionalità diverse, scoprire differenti modi di vivere, costruire rapporti di amicizia, vivere intensamente e cercare di superare i propri limiti, adattandosi a situazioni sconosciute.
Insomma, consiglio a tutti una volta nella vita di provare queste emozioni, potendo al tempo stesso fare esercizio di cittadinanza attiva, facendo qualcosa di utile per la collettività.

Vi assicuro che sono ricordi che terrete sempre preziosi!”

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