Quando l’attore Jack Nicholson ha detto “Se non stai imparando, credo tu sia morto“, ha fatto una profonda dichiarazione sull’apprendimento. Infatti si impara in una miriade di situazioni e come esseri viventi ci adattiamo, siamo chiamati a tessere relazioni con altri, con l’ambiente e con le strutture sociali.
L’apprendimento è intrinseco alla nostra stessa umanità. La storia dell’uomo è una storia di adattamento, negoziazione, scoperta…
Ma se apprendiamo in ogni momento della nostra giornata – va però detto che ad imparare mentre giochiamo a Candy Crush è solo il nostro pollice – non è facile determinare cosa riceviamo in termini di saperi, tecniche e relazioni dentro le situazioni informali della vita quotidiana.
Possiamo per certo dire che viviamo nell’epoca delle competenze. Dalla metà degli anni ’80 ad oggi le Istituzioni formative e gli organismi internazionali hanno fondato le loro linee strategiche sul concetto di “competenza”, che pare abbia soppiantato la centralità del “sapere”. Competenza è però concetto ambiguo, che definisce il complesso delle nostre “bravure” a fare qualcosa di molto specifico: può dunque essere utilizzato per assoggettare le esperienze formative a logiche opportunistiche e commerciali, ovvero finalizzate solamente a formare il “capitale umano”, da mettere a disposizione del fabbisogno di manodopera, più o meno specializzata.
Ma esiste un’altra accezione, che ci piace, per definire le competenze. In questo senso, proprio come il grande attore di Shining enfatizza quando confronta l’apprendimento con l’essere vivi, la vita quotidiana è un processo di cambiamento dei propri saperi e delle proprie capacità. E le competenze sono il nostro portato culturale ed esperienziale che rendono uniche le nostre storie personali e collettive.
Dal punto di vista di un’associazione che promuove partecipazione civica e volontariato questo significa che le migliaia di persone che attraversano i nostri progetti e le nostre iniziative sono degli “studenti di vita”.
Ma non è affatto facile descrivere la portata delle conoscenze e dei saperi sviluppati, al di là del contesto ove si è verificato l’apprendimento. Infatti non sempre è possibile vederlo riconosciuto da altre persone o istituzioni. A volte non lo è affatto!
Per dipanare questa matassa siamo partiti dall’apprendimento nei workcamps. Nel 2015 Lunaria ha condotto una estesa ricerca sul campo, coinvolgendo migliaia di volontari, organizzatori ed educatori, per capire quali fossero le competenze vengono effettivamente sviluppate durante un campo di volontariato internazionale. E abbiamo scoperto che l’apprendimento, per quanto non sia necessariamente intenzionale, è considerato un elemento fondamentale della riflessione sul senso dell’impegno come volontari.
Abbiamo anche fatto la “classifica” delle competenze che maggiormente si sviluppano in un contesto interculturale di volontariato. E ci siamo divertiti ad inventare e utilizzare una metodologia cooperativa di reciproco riconoscimento, seguendo le indicazioni della ricerca, che adottiamo ogni anno durante il Post Camp Event, quando i volontari rientrano dai workcamps all’estero e si incontrano per condividere gioie, dolori e “apprendimenti”.
Insomma, i workcamps sono delle scuole interculturali con studenti motivati e con la media altissima!
E’ questo uno dei motivi per i quali le Istituzioni europee e sempre più scuole e università riconoscono l’esperienza di volontariato internazionale come formidabile strumento di crescita e di cittadinanza.