Il 15 giugno 2017, dopo una seduta rocambolesca dei lavori di Aula al Senato, è successo quello che un milione di giovani “figli dell’immigrazione”, ma cittadini italiani di fatto, le associazioni che hanno dato vita alla campagna L’Italia sono anch’io e i giovani del movimento italianisenzacittadinanza chiedevano da mesi. Il Disegno di Legge n. 2092 “Modifiche alla legge 5 febbraio 1992, n. 91, e altre disposizioni in materia di cittadinanza” è stato finalmente incardinato nei lavori di Aula. L’art. 44 del Regolamento del Senato prevede infatti che, nel caso in cui l’esame di un Disegno di Legge non sia concluso in Commissione, sia possibile calendarizzare la discussione direttamente in Aula senza che vi sia una Relazione. E per diciotto mesi è stato impossibile trovare un accordo in Commissione anche (ma non solo) a causa dei più di 7mila emendamenti ostruzionistici presentati dalla Lega Nord.
Il risultato di oggi è stato incerto fino all’ultimo minuto.
E, che fosse utile che le associazioni promotrici della Legge di iniziativa popolare che ha dato il via al percorso della riforma il 7 marzo 2012 fossero presenti in Aula, lo hanno confermato i fatti di oggi.
Quando siamo arrivati questa mattina davanti al Senato alle 11, insieme agli altri promotori della campagna e ai giovani del movimento italianisenzacittadinanza, era già in corso nelle vicinanze una manifestazione contro la riforma di Forza Nuova e Casa Pound.
Esibivano manifesti ignobili: sullo sfondo la foto di alcuni degli autori degli ultimi attentati di matrice jihadista in Europa, in evidenza lo slogan “Grazie ius soli”.
Niente di nuovo, ma non riusciamo ad abituarci e speriamo di non farlo mai.
Siamo entrati in Aula quando erano in corso le dichiarazioni di voto sulla cosiddetta manovrina. Il voto palese a chiamata, uno per uno, registrato a mano da parte di quattro persone, ha richiesto un’ora di tempo. Nell’era 4.0 questo iter è quanto meno paradossale.
Nel frattempo, l’ordine del giorno dei lavori era stato cambiato su richiesta del Movimento 5 Stelle. Ufficialmente per dare priorità alla discussione sul requisito di costituzionalità del decreto sui vaccini; in realtà un ennesimo tentativo di far slittare nuovamente l’incardinamento della riforma sulla cittadinanza in Aula. Da qui la richiesta presentata dalla Senatrice De Petris di rimodificare l’ordine del giorno che ha dato inizio a uno spettacolo di cui avremmo fatto volentieri a meno.
Il Presidente del Senato Grasso, come previsto da Regolamento, ha dato la possibilità di fare un intervento a favore e uno contro la richiesta.
Il Senatore Calderoli non ha perso l’occasione, trasmettendo nel suo intervento contenuti del tutto analoghi a quelli dei manifesti esposti da Forza Nuova: il collegamento della riforma sulla cittadinanza con i problemi di sicurezza generati dalla diffusione del terrorismo jihadista è del resto quanto di peggio è stato partorito nel dibattito sfibrante sulla cittadinanza, che ha coinvolto in passato anche intellettuali considerati autorevoli.
Si è fatto di tutto per causare l’interruzione della seduta.
Prima di riuscire a dare la parola al Senatore Zanda per l’intervento a favore, il Presidente del Senato ha dovuto affrontare circa venti minuti di interruzioni e di richieste di intervento. Le parole del Senatore Zanda (PD) sono state, per una volta, molto chiare a favore dell’approvazione di una riforma che consentirebbe di riconoscere come cittadini giovani che sono nati e/o cresciuti in Italia, che qui studiano, hanno amici, amano, fanno sport, in qualche caso già lavorano. Prima di passare al voto, il Movimento 5 stelle ha chiesto la verifica del numero legale: evidentemente molti Senatori erano usciti dall’Aula per impedire che fosse raggiunto. Così non è stato e si è finalmente arrivati al voto che ha consentito di avviare l’iter della riforma in aula tra le urla e gli insulti di alcuni senatori della Lega Nord, esposizione di cartelli in aula “No ius soli” e un parapiglia vicino ai banchi del Governo.
Questa la cronaca.
Ora. Noi, insieme a tutti coloro che si sono battuti per la riforma (dai banchetti di raccolta firme ai banchi più austeri del Parlamento), non siamo ingenui.
Sappiamo benissimo che se l’accordo sulla legge elettorale fosse andato in porto, probabilmente oggi il Senato sarebbe stato impegnato in altro. E sappiamo altrettanto bene che mille altri espedienti saranno cercati nelle prossime settimane per impedire che la riforma vada in porto.
Una legge giusta come questa dovrebbe essere votata a grande maggioranza in via ordinaria. Ma l’annuncio dell’astensione sulla riforma da parte del Movimento 5 Stelle (che al senato equivale a un voto negativo), insieme al voto contrario della Lega Nord e delle Destre, rende l’obiettivo del raggiungimento dell’approvazione definitiva tutto in salita.
A meno che: la maggioranza non decida di fare ciò che ha fatto su quasi tutte le leggi più importanti approvate negli ultimi anni e decida di porre il voto di fiducia. A noi non piace per niente perché esautora il Parlamento del suo potere legislativo. Ma come estrema ratio, tra tutte le “urgenze” sancite in questi anni a colpi a fiducia, sarebbe, forse, una delle poche accettabili.
Vedremo.
Intanto, è già in programma a Roma per il 21 giugno un altro sit-in promosso dal movimento degli italianisenzacittadinanza e da L’Italia sono anch’io.
Mai dare per persa una battaglia che si può ancora vincere.