Il decreto Monti Salva Italia prosegue da un lato la politica di tagli e maggiori imposte delle manovre estive del 2011, dall’altro mostra solo una limitata discontinuità allargando parzialmente i provvedimenti per il risanamento a categorie sociali che erano riuscite a evitare in gran parte il peso delle manovre estive.
Il decreto Monti, disegnato con l’obiettivo di dimostrare ai mercati internazionali e alle istituzioni europee la capacità del governo di raggiungere la stabilità finanziaria, punta a un mix di maggiori entrate e minori uscite ancora più pesante delle manovre estive.
I ceti meno abbienti si ritrovano a fronteggiare tagli e imposte ancora più pesanti, come l’IMU, IVA, accise e addizionali IRPEF, con minori risorse a disposizione delle classi benestanti della popolazione.
In parte gli sforzi richiesti dal decreto vanno a compensare quelli previsti dalle manovre estive, ad esempio l’aumento IVA che evita la riduzione delle agevolazioni prevista dalla legge delega in materia fiscale ed assistenziale, in altri casi si vanno ad aggiungere a un carico fiscale già ingente, per categorie di cittadini che non possedevano risorse sufficienti per mantenere un tenore di vita soddisfacente e che con questo decreto si trovano in condizioni ancora peggiori.
La caratteristica portante delle manovre estive consisteva nel selezionare i presunti ‘responsabili’ del debito, nell’ordine: dipendenti pubblici, pensionati e dipendenti privati, colpirli con tagli di servizi sociali e con misure destinate a diminuire il valore reale di salari e pensioni per poi andare sui mercati e nei mezzi di comunicazione a decantare le virtù di manovre che non ‘avevano messo le mani in tasca’ agli italiani.
Parafrasando una frase di Margaret Thatcher i soldi degli altri prima o poi finiscono e, nel caso delle manovre estive, sono finiti i soldi delle categorie che dovevano sopportare il peso delle misure, mentre gli altri ovvero gli ‘autonomi’, gli ‘imprenditori, i ‘liberi professionisti’ venivano graziati sia da tagli sul reddito, sul patrimonio, sia da controlli fiscali oltre che garantiti dalla presenza di mercati protetti.
Il decreto Monti, segue una filosofia di più ampio respiro e accanto ai sacrifici che richiede a tutta la popolazione, prevede, anche se troppo timidamente, misure finalizzate alla lotta all’evasione e alla tassazione della ricchezza.
Il provvedimento Monti colpisce gli italiani, ma al tempo stesso cerca risorse anche presso i proprietari di auto di lusso, di imbarcazioni, di denari rientrati con lo scudo fiscale e contiene anche misure, assai embrionali, che cercano di rompere le protezioni tradizionali per le libere professioni e per alcune categorie di imprese. Si tratta però di misure ancora molto limitate che non riescono a dare il segno dell’equità alla manovra del governo. Si tratta di una manovra finanziaria ancora troppo sbilanciata a danno dei “soliti noti”.
Nel rapporto sono state prese in considerazione solo alcune misure del decreto monti (IVA, accise, Irpef regionale, pensioni congelate e imposta sulla casa, tralasciando gli effetti sui cittadini di Roma e del Lazio del resto della manovra perché non stimabili o perché destinati a categorie come i possessori di Ferrari e di yacht che, anche se indigenti per il fisco italiano, riescono a vivere in maniera agiata.
Sicuramente l’introduzione per tutti del sistema contributivo significa un duro colpo sulle condizioni di milioni di lavoratori che pensavano essere prossimi alla pensione, ma stimare in euro il costo di tale misura per questi soggetti non è possibile. In altri casi, come le imposte di bollo sui conti correnti, il bollo sul possesso dell’automobile e l’aumento delle accise sui tabacchi, va a pesare assai su tutta la popolazione ma per mancanza di informazioni sufficienti non è stato possibile fornire una stima puntuale.
Per le finalità del rapporto è stato considerato preferibile concentrare gli sforzi su 5 misure che da sole costano ai cittadini di Roma e del Lazio più di 1780 euro procapite nell’arco di 4 anni.