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Un anno a Lipsia tra bambini e creatività

20/08/2025

La testimonianza di Giuseppe, volontario ESC al kindergarten Zwergenland con l’associazione Fairbund.

Giuseppe ha svolto il suo volontariato ESC a Lipsia, in Germania, presso il kindergarten Zwergenland con l’associazione Fairbund. Nella sua testimonianza ci porta dentro la vita quotidiana dell’asilo, raccontando al tempo stesso la scoperta di una città creativa e solidale, tra ex fabbriche riconvertite, reti di mutuo aiuto e nuovi incontri internazionali.

La testimonianza di Giuseppe

Un anno a Lipsia tra creatività e infanzia: la mia esperienza di volontariato ESC

Ho svolto il mio volontariato in un kindergarten che si chiamava Zwergenland, situato nel quartiere di Plagwitz a Lipsia, un quartiere molto particolare, dove convivono ex fabbriche e costruzioni convertite a nuovi usi sociali, ricreativi e spesso artistici. Uno dei principali luoghi creativi lì era lo Spinnerai Center, un’ex fabbrica di cotone trasformata in centinaia di studi d’artista, biblioteche e gallerie. Durante l’estate avevo partecipato a workshop, seminari e attività di disegno sparsi in questa zona della città. A Lipsia c’era una grande attenzione nel proporre attività accessibili: orari flessibili per chi lavorava, costi contenuti o semplicemente una donazione libera. La solidarietà era molto presente: decine di gruppi di mutuo aiuto mettevano a disposizione gratuitamente oggetti di ogni tipo, dalle biciclette agli elettrodomestici, e ovunque c’erano punti in cui lasciare vestiti, libri o oggetti usati affinché qualcuno potesse prenderli.

Quando raccontavo di Lipsia, dicevo sempre che era una città molto fantasiosa, un po’ “objet trouvé” o ready-made: si potevano trovare situazioni poetiche o astruse nel bel mezzo della strada o nei suoi infiniti flea market del fine settimana. Anche l’architettura era così: liberty e art nouveau dominavano con le decorazioni dei palazzi, intrecciandosi ai graffiti, conservati dagli anni ’90 e continuamente rinnovati. Da lì era facilissimo raggiungere Berlino, Dresda, Weimar e Dessau con i rispettivi Bauhaus Museum, o persino Praga. Ricordo bene il museo N’ostalgie di Lipsia, con la ricostruzione di una tipica casa degli anni ’70, e il mio primo seminario a Weimar, dove avevo incontrato giovani da tutta Europa e molte persone dalla Turchia. Con Fairbund, l’associazione che mi ospitava, avevo conosciuto anche altre realtà, come Villa Leipzig, che gestiva un centro culturale ricco di letture, jam session e tandem linguistici, dove avevamo incontrato altri volontari insieme ai miei coinquilini.

La vita al kindergarten

Al kindergarten, i primi mesi (da luglio a settembre) erano trascorsi soprattutto all’aperto. Era una struttura molto grande, con una pedagogia che mi aveva colpito: non c’erano divisioni rigide per gruppi o fasce d’età (tutti i bambini avevano tra i 3 e i 6 anni), ma varie educatrici ed educatori proponevano ogni giorno un’attività diversa. I bambini erano liberi di scegliere quale attività seguire, per quanto tempo e se tornarci anche più volte durante la settimana. Si creava così una quotidianità viva e fluida: piccoli gruppi andavano nell’atelier artistico, altri nella falegnameria, altri ancora nella stanza costruzioni. L’asilo offriva anche stanze per il riposo, un bistrot dove i bambini preparavano la merenda tagliando frutta e verdura, una sala lettura, una stanza sportiva e spazi per costruzioni e attività manuali.

Durante l’estate mi ero ambientato passando da un’attività all’altra, supportando di volta in volta educatori diversi e proponendo piccole attività artistiche all’aperto. Avevo imparato a conoscere i bambini, osservando i loro giochi, i loro interessi per la natura, gli animali o i temi che stimolavano la loro fantasia. Con l’autunno si era riaperto stabilmente l’atelier artistico: lì affiancavo l’educatore nel proporre le attività e, a volte, ne ideavo io stesso. Una parte della stanza rimaneva sempre dedicata al disegno libero, che i bambini amavano alternare alle tecniche proposte. Io partivo spesso da piccole indicazioni legate alla forma del supporto, come un foglio quadrato o una carta ripiegata, che diventava subito un libro illustrato con la lana. Oppure utilizzavamo materiali naturali, come foglie e bacche, trasformandoli con la fantasia in animali o paesaggi. Spesso proponevo esercizi di composizione del colore, ispirati al metodo steineriano, usando complementari o variazioni monocromatiche. All’inizio i bambini erano perplessi, poi iniziavano a fare domande e a scoprire quanto potesse cambiare un solo colore. Si attivava così un processo collettivo, in cui un bambino ispirava l’altro, inventando temi comuni come “il castello” o “l’animale fantastico”.

Cosa mi porto a casa

Avevo già collaborato in Italia con degli asili, ma sempre in attività più strutturate e di breve durata. L’asilo di Lipsia, invece, mi aveva permesso di sperimentare un approccio diverso, quasi individuale, in cui il disegno diventava un vero linguaggio condiviso. Ricordo con affetto i due grandi pannelli con le renne dipinti insieme a due bambine come decorazioni per l’asilo, o i momenti in cui i bambini mi chiedevano di semplificare un disegno che volevano riprodurre. Alcuni episodi rimarranno per sempre con me, come il regalo di Emil: un disegno di un arcobaleno con sopra una stanghetta e due cerchi. All’inizio avevo pensato fosse un fiore, ma lui mi disse sorridendo che era Mickey Mouse sull’arcobaleno. Quell’immagine, per me, racchiude tutta la magia dell’esperienza.

Dopo le attività in atelier spesso aiutavo i bambini al bistrot durante il pranzo, un altro bel momento di scambio fatto di osservazioni e scherzi. Se il tempo lo permetteva, la merenda si svolgeva in giardino, tra giochi e corse.

Quello che mi sono portato a casa, oltre alla conoscenza di un nuovo paese e di una nuova cultura, è stato proprio l’incanto dei bambini, la loro grande empatia e la possibilità di imparare a comunicare attraverso la creatività. Sono grato al progetto ESC, all’associazione ospitante e a chi mi ha supportato: questa esperienza mi ha permesso di avere uno sguardo più ampio e condiviso con tanti altri giovani, vivendo davvero la ricchezza di un’esperienza all’estero.

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