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RAY COMP: una ricerca sul lavoro giovanile in Italia

24/11/2025

25 Novembre 2025

Abbiamo partecipato alla conferenza di restituzione della ricerca RAY COMP, promossa dall’Agenzia Italiana per la Gioventù (AIG) e da RAY Network, focalizzata sulla formazione degli youth worker nei Programmi europei, ricerca a cui abbbiamo dato il nostro contributo lo scorso anno. I risultati condivisi oggi sono un documento prezioso. Non una semplice mappatura di competenze e gap, ma un lucido referto sullo stato di salute delle politiche giovanili in Italia, che evidenzia un profondo paradosso sistemico.

Da un lato, l’Agenzia Italiana per la Gioventù svolge un ruolo encomiabile nel fungere da volano per risorse e metodologie innovative, supportando con efficacia centinaia di realtà, che come Lunaria si impegnano nella promozione e innovazione della educazione non Formale in Italia e in Europa, e che cercano quotidianamente di generare impatto, sostegno e spazi di autonomia per le giovani generazioni. Dall’altro, i dati della ricerca pongono implicitamente una domanda critica al sistema italiano: perché l’innovazione, la qualità e la stessa sopravvivenza del settore sono interamente delegate alla sussidiarietà europea in assenza di organiche politiche giovanili e di un riconoscimento del ruolo dello youth work?

Youth work: un ruolo importante in un sistema sociale fragile

La RAY COMP ha coinvolto decine di operatrici e operatori che anche su base “biografica” hanno offerto riflessioni e proposte diverse e urgenti. Di fatto la ricerca riconosce che lo youth work è un’azione strategica di empowerment e di educazione non formale, fondata su un pilastro centrale che viene riconosciuto come necessario e ineludbile, l’ascolto attivo. Chi ascolta veramente le persone giovani, che ruolo ha? Dove avviene questo ascolto? Spesso in luoghi di limite, di passaggio, in costesti precari e temporanei. Proprio dall’analisi delle esigenze di operatrici e operatori vengono svelate le lacune del sistema italiano.

La richiesta pressante di formazione sulla salute mentale e il benessere psicofisico, ad esempio, non è un bisogno accessorio, ma il segnale più inquietante di una gioventù negata nelle sue più elementari esigenze di supporto emotivo e materiale. La ricerca indica che sono gli youth worker, operando spesso in condizioni di precarietà, a dover colmare il vuoto lasciato dall’assenza di politiche sociosanitarie adeguate e capillarmente distribuite sul territorio.

Se lo youth work è per definizione un’azione che promuove l’autonomia e la cittadinanza attiva, la sua marginalizzazione dai curricola formativi ufficiali e la sua dipendenza dalla “sensibilità individuale” e dal vissuto esperienziale riflette il disinteresse politico nell’investire seriamente negli spazi e nei programmi necessari all’autonomia e al benessere dei giovani, relegando il tema a un elemento accessorio.

Il paradosso della precarietà stabilizzata

La ricerca AIG evidenzia il contrasto stridente tra l’alta qualità dei percorsi formativi europei (che sviluppano competenze complesse, dal project Management alle soft skills) e la precarietà sistemica che accompagna le carriere e le organizzazioni. Bandi e iniziative sporadiche, anche quando vanno nella giusta direzione, come il recente “Rigenerazioni”, non riescono a dare solidità e continuità a servizi e percorsi.

La ricerca RAY COMP mette in luce che:

  1. Manca il riconoscimento: L’assenza di un quadro normativo nazionale per la professione mantiene gli youth worker in un limbo, con percorsi professionali descritti come un “mosaico incompleto” e spesso insostenibili (bassi compensi, alto stress).
  2. La qualità è a rischio: Le formazioni, pur valide, sono sovente percepite come “eventi isolati” e di breve durata, non in grado di creare una continuità e coerenza necessaria per un percorso di alta professionalità. In sintesi: i fondi europei forniscono la sostanza, ma le politiche nazionali mancano delle fondamenta per costruire stabilità.

Un’agenda politica ineludibile

Lungi dal voler essere un documento di analisi sitemica, la ricerca RAY COMP indica però chiaramente le priorità su cui la politica dovrebbe agire per evitare che il lavoro di supporto dell’AIG e la dedizione di tantissime organizzazioni restino sforzi di resistenza anziché elementi di sviluppo:

  • Impegnarsi urgentemente per la definizione di un quadro normativo per lo youth work, garantendo dignità e sostenibilità economica al settore.
  • Colmare l’enorme ritardo italiano sulle politiche giovanili, come diciamo da tempo con le nostre proposte inserite nella “controfinanziaria” che Sbilanciamoci! sottopone ogni anno a governi e gruppi parlamentari.
  • Investire in percorsi formativi più solidi e coerenti, superando la logica degli “eventi” isolati e garantendo continuità e competenza aggiornate.

In conclusione, la ricerca RAY COMP rende omaggio alla capacità di innovazione che l’Europa, attraverso l’AIG, riesce a infondere nel Paese. E’ nei fatti che l’educazione non formale ormai permea molti e diversi livelli anche in Italia, pur in assenza del riconoscimento dell’origine di questa innovazione: il lavoro di base, spesso episodico, supportato da Erasmus+ e dai precedenti programmi europei, costruito nella cooperazione tra organizzazioni europee e nella sperimentazione di pratiche e metodologie anche in contesti cross-settoriali.

La ricerca, con le tante testimonianze raccolte, ci ricorda che senza un coraggioso e sistematico intervento a livello nazionale, il rischio è che la gioventù italiana continui a essere sostenuta da eccellenti e altamente motivati youth worker, ma condannati alla precarietà, senza risorse e senza spazi stabili, accoglienti e sicuri, per fare fiorire competenze, solidarietà e cittadinanza.

È il momento di trasformare queste indicazioni in un piano nazionale per l’autonomia govanile con risorse adeguate.

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